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MusicZone – Francesco Guccini

CANZONI DA INTORTO

Francesco Guccini è il cantautore senza età che continua a stupire con colpi di scena nel suo percorso artistico. Dopo aver abbandonato le scene musicali più di dieci anni fa, l’artista aveva deciso di dedicarsi esclusivamente alla letteratura, pubblicando con frequenza importante una serie di libri di grande successo.

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Dieci anni, nella musica, sono una eternità. Rispetto a dieci anni fa la musica è cambiata nello stile ma anche nei formati e soprattutto nel modo di ascoltarla e fruirla. A volte succede, però, che la musica abbia una capacità attrattiva che va oltre ogni decisione razionale e che la voglia di comunicare, raccontare e cantare abbia la meglio. Francesco Guccini torna a fare musica dopo dieci anni dall’ultima volta e torna a farlo a suo modo, come ha voglia, come si sente, seguendo il suo istinto e senza porsi grandi domande. Il 18 novembre esce Canzoni da intorto il nuovo album di Francesco Guccini. L’album sarà disponibile esclusivamente in formato fisico per introdurre l’ascoltatore ad un viaggio completo di ascolto e comprensione. Si, Francesco Guccini torna a cantare e questo è un regalo e una gioia per tutti.

Undici brani appartenenti alla cultura popolare, con arrangiamenti dal richiamo balcanico e folk. Una raccolta delle canzoni del cuore di Guccini, arrangiate e interpretate in una veste nuova.
Un disco che ha valore culturale e educativo, all’interno del quale il Maestro ci accompagna a conoscere pietre preziose della musica italiana e internazionale con le quali GUCCINI ha dato vita a una sorta di biografia musicale.

Il titolo è un’illazione maliziosa anche se parzialmente affettuosa. Significherebbe che le canzoni da me spesso cantate in allegre serate con amici, servissero solo ad abbindolare innocenti fanciulle le quali, rese vittime dal fascino di quelle canzoni, si piegavano ai miei turpi voleri e desideri. Ammetto che un paio di canzoni qui presenti, forse, potrebbero essere state usate alla bisogna, ma solo per un paio di volte e non di più.

“Quando ho iniziato a pensare a questa folle operazione tanti anni fa, volevo realizzare un disco di cover, ma il mio manager di allora, Renzo Fantini, non lo voleva fare. Ai tempi avrei scelto ‘Com’è profondo il mare’ di Lucio Dalla o ‘Luci a San Siro’ di Vecchioni – ricorda Guccini – a questo giro invece ho scelto le canzoni che ho cantato con gli amici, per i famigliari. Sono brani che nessuno quasi conosce, con dietro delle storie, per questo possono colpire e ‘intortare’. Nel disco ci sono tante lingue e dialetti, ma non li ho studiati, le canzoni le ho ho semplicemente cantate durante la mia vita e le ho fatte mie nel tempo. Non ho avuto voglia o necessità di scrivere un nuovo brano perché non ne sono più capace. I miei ultimi pezzi sono dentro ‘L’ultima Thule’”

Tantissimi e vari, più di trenta, gli strumenti che accompagnano la voce del cantautore. Dalla storica ballata popolare “Morti di Reggio Emilia”, passando per le milanesi “El me gatt”, “Ma mì” e “Sei minuti all’alba”, fino al canto epico-lirico “Barun litrun”, all’amore di “Le nostre domande” e all’inglese in “Green sleeves”. E ancora: l’anarchica “Addio a Lugano”, la misteriosa “Nel fosco fin del secolo”, di cui non si conosce l’autore, e le poetiche “Tera e aqua” e “Quella cosa in Lombardia”.

La voce “intorto” è di origine gergale e significa imbonire, circuire per convincere qualcuno/qualcuna a prestarsi a proprio vantaggio. “La locuzione ‘canzoni da intorto’ fu pronunciata da mia moglie Raffaella durante il famoso pranzo con i discografici e fu accolta con entusiasmo irrefrenabile come titolo definitivo di un disco che non mi trovava, allora, del tutto consenziente e pacificato – continua Guccini – si tratta, infatti, di un’illazione maliziosa anche se parzialmente affettuosa. Significherebbe che le canzoni da me spesso cantate in allegre serate con amici, servivano solo ad abbindolare innocenti fanciulle le quali, rese vittime dal fascino di quelle canzoni, si piegavano ai miei turpi voleri e desideri. Ammetto che un paio di canzoni qui presenti, forse, potrebbero essere state usate proprio per questo, ma solo per un paio di volte e non di più”.

“Sono canzoni di lavoro, politiche, di protesta il cui carattere è definito, oltre che dall’interpretazione vocale, dalla giustapposizione di strumenti come le chitarre manouche e la ghironda, dai fiati alle fisarmoniche, dal suono degli oggetti di tutti i giorni utilizzati come percussioni, dal contrabbasso ai cori fino alle chitarre elettriche: la lista sarebbe lunghissima”, sottolinea Fabio Ilacqua, che ha curato gli arrangiamenti del progetto.Oltre che la cultura popolare, c’è un altro filo rosso a legarle. “Sono tutte canzoni di perdenti – accenna un sorriso – guardando la situazione politica di oggi, nessuno può dire il contrario. A scuola, quando studiavamo l’Iliade, c’era chi nella mia classe stava con i greci, io sono sempre stato dalla parte dei troiani. I perdenti, appunto. Nei miei pezzi si capisce da che parte sto. E perché non si dovrebbe capire? Non ho mai nascosto le mie idee. E nonostante mi abbiano spesso etichettato come ‘comunista’, non lo sono mai stato. Mi sento più anarchico, anche se nel 2022 definirsi così è abbastanza difficile se non impossibile”.

Un disco per ammaliarci e non tanto per abbindolarci alla bisogna. La sua voce è vivida ed emozionante.
Un disco fatto come una volta … tutto da ascoltare, dall’inizio alla fine! 

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