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MusicZone – Micah P. Hinson

I LIE TO YOU

Se pensate che la biografia di Micah P. Hinson sia troppo vera per essere bella, sentite come riesce a trasfigurarla qui, nella trasparenza di queste undici canzoni gonfie di amore, di assenza e di rimpianto.

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Una voce di profeta, rauca e segnata dalle intemperie, un salmodiare d’intensità biblica, una musica che gronda verità persino dai do maggiore, un cuore d’artista messo ancora una volta a nudo. C’è ben poco di rassicurante nelle sue canzoni, ma questo è il folk, bellezza!, viene da lontano, da fame, dolore e pestilenza. Micah P. Hinson come un antico rapsodo cuce i suoi canti, li ricama come merletti, lo sguardo ben piantato nell’abisso, nel buio, nella polvere…

Con gli anni la calligrafia di Hinson somiglia sempre più a una forma di crooning, ovviamente non innocuo ma toccante e al tempo stesso spietato, perché non prevede alcuna rassicurazione o appagamento: nel fondo di ciò che rimpiange o desidera non c’è infatti uno straccio di serenità, ma al contrario la consapevolezza che anche il più caldo, limpido e affettuoso dei propositi è un ingranaggio di un meccanismo infernale, il passo ancora da compiere che porterà all’inciampo, il tremore per un ricordo accecante come una lampadina che ti esplode nel cervello. Eppure, forse mai come in queste canzoni si avverte il senso di un percorso compiuto, la possibilità che si possa scendere a patti coi peggiori demoni, non fosse perché anche i demoni a gioco lungo si stancano, diventano spettri casomai, amabili resti di vite passate, strade da ripercorrere calcando le impronte all’indietro per raccogliere il succo vetroso del rimorso.

Le sonorità sono frottage agresti e desertici su carta ruvida urbana, elettricità che lavora ai fianchi e mira al fegato con cupa discrezione, panneggi d’archi che si gonfiano come vele piene di fantasmi, puntellate da piano, tastiere e fisarmonica (vedi la rilettura di Please Daddy, Don’t Get Drunk This Christmas) al bisogno. Le canzoni si aggirano pur sempre insomma sulla mappa della cara vecchia Americana, ma con la bussola congelata in un tempo interiore, trascinando la catena di uno spaesamento senza possibilità di remissione.

Il nuovo album di Micah P. Hinson è il risultato di cinque giorni e cinque notti di registrazione in una stanza spoglia come un osso in Irpinia e di un lavoro di produzione accuratissimo, da lucidatore di cristalli, di Alessandro Asso Stefana (Pj Harvey, Mike Patton, Vinicio Capossela). A dar loro manforte, ci sono gli archi celestiali di Raffaele Tiseo, la batteria metafisica di Zeno De Rossi e quel gentiluomo del contrabbasso che è Greg Cohen.

Lista Brani

Ignore The Days
Carelessly
People
Find Your Way Out
Please Daddy, Don’t Get Drunk This Christmas
What Does It Matter Now ?
Walking On Eggshells
The Days Of My Youth
Wasted Days And Wasted Nights
500 Miles

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